Scavi archeologici

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Cinta muraria
La cinta muraria fu costruita dagli Etruschi tra il VII e il VI secolo a.C., a protezione dell’antica città che era una delle principali dell’intera Etruria.
Le mura perimetrali, definibili mura ciclopiche per le caratteristiche che le contraddistinguono, risultano ben conservate lungo il perimetro del circuito murario, lungo oltre tre chilometri, con altezza media di circa sette metri.

Anfiteatro romano
Le prime tracce di frequentazione di questa area dell’insediamento si hanno con alcuni strati contenenti reperti di età villanoviana e di fine VII- inizi VI a.C.
Nella parte sommitale della collina nord della città venne costruito l’anfiteatro nel corso del I secolo d.C. La terra tolta per creare l’arena fu utilizzata con molta probabilità come base per l’erezione degli ordini superiori dei posti. L’edificio di forma ellittica presenta misure particolarmente ridotte (asse maggiore 38m, asse minore 27m) rispetto a quelle di monumenti simili riscontrabili in altre città romane. Gli accessi sono quattri e diversi tipologicamente: quelli situati sull’asse maggiore E-O sono scoperti e delimitati da lunghi muri, mentre i restanti due sono fiancheggiati da murature di minore lunghezza e sono coperti da volte a botte. Lateralmente ai due ingressi E-O si trovano due piccoli vani con copertura a volta a crociera: la tecnica muraria in opus reticulatum con testate a blocchetti regolari suggerisce una datazione agli inizi del I secolo d.C., oltrettutto convalidata dal rinvenimento di ceramica sigillata aretina. All’interno dell’arena, lungo l’asse maggiore, sono state scoperte quattro pietre allineate a distanza regolare con dei fori che dovevano servire a dividerla per utilità sceniche. Alcune murature tardoantiche sono state rinvenute in connessione ad una ricca serie di monete e rappresentano le uniche tracce antropiche tra l’età di Caligola e di Diocleziano.

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Durante l’età altomedievale l’edificio diviene un recinto fortificato, grazie alle costruzioni realizzate utilizzando materiali di spoglio dagli edifici romani in rovina.In questo fortilizio sarebbe da riconoscersi un castrum tardoantico/altomedievale, creato a difesa dei territori bizantini di contro all’avanzata dei Longobardi.
L’area rimase occupata fino almeno al XVI secolo, così come testimoniano i vari frammenti di maiolica arcaica, ingobbiata e graffita e ceramica d’uso invetriata e smaltata rinvenuti al suo interno.
In estate si tengono alcune rappresentazioni teatrali, grazie all’acustica ancora eccellente.

La Domus dei Mosaici

Le prime tracce della domus risalgono ad età tardo-repubblicana e sono databili dopo le estese distruzioni a cui fu soggetta Roselle nel 90-80 a.C. La planimetria dell’edificio non presenta differenze dalla canonica pianta della casa di tipo italico, caratterizzata dallo schema assiale a croce, quale risulta anche nella stessa Roselle da altri edifici scavati. In età tiberiana la domus è soggetta a restauri ed abbellamenti estetici: fu ampliata e restaurata, oltre che arricchita delle tre statue di Tiberio, Livia e Druso Minore. La stessa cronologia dovrebbe valere per le pavimentazioni in opus sectile rinvenute in un vano denominato 20 e a mosaico del vano detto 9. Durante l’età claudia si ha una distruzione parziale, forse dovuta ad un incendio, seguita da un immediato restauro. Sempre alla stessa epoca (o forse alla fine della precedente) risale la costruzione del primo impianto termale nella metà meridionale e la casa, con le sue piccole terme annesse, diviene pubblica, data la sproporzione tra gli ambienti destinati ad uso termale e quelli a funzione prettamente residenziale. In età tardo-adrianea o antonina la struttura è soggetta a pesanti riorganizzazioni con il rialzamento e l’ampliamento del complesso termale e dei suoi annessi: in questa fase si assiste alla posa in opera dei mosaici negli ambienti termali e nel tablinium. Altre modifiche influenzano la posizione delle colonne e della fontana del peristilio, mentre il piccolo laconium fu ornato da decorazioni in stucco a rilievo ed altorilievo.

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La domus subisce trasfomazioni sostanziali tra il IV e il VII secolo, quando, in piena tardoantichità, si ha una bottega che occupa i precedenti ambienti abitativi. L’officina, riferibile ad un fabbro, ha restituito strati ricchi di ceneri di lavorazione, terre ricche di carbone e scorie disposte su quasi tutti i pavimenti, anneriti dagli stadi della lavorazione metallurgica. Inoltre i vari rinvenimenti di bronzo e di oggetti metallici hanno fatto ipotizzare che in questa officina non venissero prodotti oggetti ex-novo, ma che fossero nuovamente fusi oggetti antichi, provenienti dalle tombe etrusche della necropoli e da edifici pubblici e privati di età romana. Verso la fine del IV secolo l’officina e ciò che resta della domus sono abbandonate e nel corso del VI secolo si assiste a sepolture di infanti che si impostano al di sopra dei livelli di crollo. Nella parte più prossima al foro si hanno anche labili strutture a secco di incerta funzione e databili tra VI e VII secolo.

Il Tempietto dei flamines Augustales
Sul lato meridionale del foro, in prossimità della domus dei mosaici, si trovano i resti archeologici dell’antico tempio romano dei flamines Augustales, che venne edificato in età imperiale (I secolo d.C.). Il luogo di culto pagano venne trasformato in epoca altomedievale in un luogo di culto cristiano, intitolato a San Silvestro, la cui esistenza è accertata a partire dal 765.

La basilica paleocristiana di Roselle e il riuso di ambienti romani

Alle pendici della collina Nord è stato rinvenuto un complesso termale di età romana, caratterizzato da murature che in alzato presentano la tecnica dell’opus reticulatum con zoccolo e ammorsature in laterizio, mentre in fondazione si ha l’opus caementicium. La struttura è divisa in due settori, con una zona intermedia d angolature di non chiara estensione.

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Il primo settore si estende nella porzione nord, dal perimetro quasi rettangolare, e si compone di lati lunghi rivolti in direzione E-O ed è imperniato intorno ad una vasca parallela rispetto ai perimetrali, di forma rettangolare. Questa parte richiama la pianta di una casa ellenistico-romana e proprio di un simile precedente edificio potrebbero far parte due muri rinvenuti ad ovest della vasca, assieme ad alcune murature della vasca stessa, (Roselle, Gli scavi e la mostra, p. 120, fig. 34 n°2). Questa ha una profondità di 2,60m con pareti rastremate verso l’alto per mezzo di tre riseghe rivestite di intonaco impermiabile. Non è chiaro il sistema di canalizzazione delle acque, visto che se nella porzione NO si ha un esiguo canale di ingresso delle acque collegato a una serie di cunicoli sotterranei, nell’angolo sud si ha l’evidenza di un pozzetto di uscita non collegato a condotti. Il secondo settore è caratterizzato da una pianta fortemente irregolare in cui si distinguono un vano con due nicchie (Roselle, Gli scavi e la mostra, p. 120, fig. 34 n°3) al quale si accedeva tramite una doppia scaletta, un grande vano absidato nell’angolo SO (Roselle, Gli scavi e la mostra, p. 120, fig. 34 n°4) ed un altro di estensione maggiore, immediatamente ad est (Roselle, Gli scavi e la mostra, p. 120, fig. 34 n°5). Lo stato di conservazione di quest’ultimo vano non ci permette di comprenderne la funzione originale, anche se i possono vedere tracce di suspensurae. Inoltre un complesso sistema di canalizzazioni, formato da cunicoli con fondo laterizio, pareti in opus mixtum e volte in opus caementicium assieme a elaborate arcate in laterizio, fa presupporre un uso termale del vano. Anche le dimensioni planimetriche, irregolari e ridotte, trovano confronti con altri edifici termali. Le caratteristiche dell’opus mixtum impiegato per le strutture (con le ammorsature di laterizio disposte su cinque assise) proporrebbero una datazione tra l’ultimo quarto del I secolo d.C. ed il primo quarto del successivo. Durante la fase di abbandono e crollo delle terme in età tardoantica è stato rinvenuto un fondo di capanna circolare databile tra il IV secolo e la fine del V secolo. Lo studio inedito di alcuni frammenti ceramici, una scodella e un vaso a listello di ingobbiata di rosso, provenienti dal riempimento di una buca perimetrale sposterebbero la datazione tra la fine del VI e la I° metà del VII secolo.

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Nel corso del primo altomedioevo si registra la costruzione di una basilica paleocristiana che si imposta sull’impianto termale ormai in disuso e spoliato. Seppure attenta soprattutto alle strutture romane sulle quali fu fondata la cattedrale, la planimetria della campagna degli anni ‘40 riferiva puntualmente anche del colonnato che, ripetendo il presunto peristilio intorno alla piscina dell’impianto termale, scandiva in tre navate la chiesa, e della struttura fondata sulla serie di ambienti di servizio per chiuderne l’abside. II posizionamento delle basi di colonna delle navate non è congetturale, mentre rimane invece ipotetica la presenza di un colonnato anche sul lato breve, indiziato solo da una base di colonna. L’area absidale era interamente coperta da una pavimentazione in blocchi lapidei, che, sulla scorta dei pochi ancora in situ, collocati sul pavimento musivo del vano termale, potrebbero essere riferiti, anche per la presenza, nell’area del complesso, di elementi che conservano modanature, al tempio della sottostante terrazza. Se per l’angolo N-E dell’area absidale la ricerca come fondazione delle superstiti strutture romane sembra costante e coerente, già dal rilievo del 1942 appariva evidente che la parete meridionale dell’abside prescinde dalla struttura romana, che viene ignorata, tanto che questa ha un andamento divergente da quello del complesso romano. Si deve dunque ragionevolmente concludere che quando – nel corso dell’avanzato V secolo si decise di sfruttare quel che restava del complesso in disuso, probabilmente già ampiamente spoliato, la vasca della natatio, e le pareti perimetrali di questo ambiente, costituivano un deciso elemento condizionante, mentre altrettanto non si poteva dire per l’area destinata all’abside e alle strutture di servizio – una delle quali, la settentrionale, comunque accessibile solo dall’esterno. L’impianto di un’abside rettangolare, dotata di “sontuosa” pavimentazione in grandi blocchi lapidei, che, come emerge dalla relazione con le basi di colonna ne assicurava la decisa sopraelevazione rispetto alla navata centrale, non è dunque dovuto al condizionamento delle preesistenze monumentali, ma precisa scelta icnografica. La cattedrale rosellana conserva l’impianto originario fino all’abbandono. La necropoli che si sviluppa intorno alla chiesa è organizzata per terrazze: le sepolture hanno una distribuzione dettata da distanze costani e hanno una buona tecnica costruttiva. Tagliano uno strato databile tramite sigillata africana D e da ceramiche a gocciolature o a bande di ingobbio rosso e contengono corredi di VI e metà VII secolo. Nel corso del VI secolo si ha la costruzione di un edificio, molto probabilmente una sepoltura privilegiata, in una zona a densa sepoltura infantile. La chiesa subisce restauri e abbellimenti nel corso dell’VIII secolo, così come testimoniano elementi architettonici quali plutei, pilastrini di recinzione e un frammento di ciborio da collegarsi ad interventi da attribuire al magister Iohannes, così come ricorda un’epigrafe dedicatoria ora conservata presso il Podere il Serpaio, nell’entroterra rosellano. Tra X e XI secolo la chiesa viene dotata di una possente torre, accessibile solo dall’interno della chiesa stessa.

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La cattedrale di Roselle
Costruita in epoca altomedievale fuori delle mura, si conservano i suoi resti archeologici nell’area di Poggio Mosconcino, in località La Canonica, tra l’antica civitas e il Tino di Moscona. Annessi alla chiesa vi sono anche i resti della canonica, che svolgeva la funzione di residenza vescovile fino al 1138, anno di trasferimento della diocesi rosellana a Grosseto. Dall’analisi dei resti, la chiesa si presentava imponente, a tre navate con transetto, abside semicircolare e campanile a sezione quadrata che si elevava al lato destro. Dopo il trasferimento della sede vescovile nel capoluogo maremmano proseguì con le funzioni plebane fino al periodo di transizione tra il tardo Medioevo ed il primo periodo rinascimentale.

Nell’area in cui sorgeva la cattedrale sono state rinvenute numerose tombe di epoca etrusco-romana.

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